giovedì 11 aprile 2013

Angelica e Orlando e Medoro.

E ritrovammo i nostri pensieri sulla luna, umidi e notturni. Fuggendo via bendati da misteriosi cavalieri come Angelica, per andare a nasconderci lontano, dentro caverne oscure, per non guardarci negli occhi, e non ritrovarci uguali, ma così tanto diversi da cavalcare ferrovie che non finiranno mai di separarci. Il mio senno cade giù dall'ampolla ormai stracolma di polvere, i tuoi occhi che non vidi persi su uno scaffale continuano a camminare ancora e ancora nella mente di una strada lavica. Gioco di sguardi, mani nascoste, foglie appese che non si stancano di cadere. Pochi versi per vacillare. Una guancia sfiorata dai capelli. Orlando insegue e lentamente la ragione oscilla, un oblio sempre più presente nella mente dell'incoscienza. Parole che si ripetono, legami che si spezzano mentre l'Amore ritorna armato e sconfitto dalla sua ultima battaglia, lasciando noi, inermi, su spogli accampamenti, incerti sul primo passo da fare per annegare nella vanità. La mia armatura si sgretola al sole sotto le tue mani, lo scudo si pietrifica al chiarore di poche stelle, il mio corpo scompare nell'ombra senza proferire altre parole, mentre ti lascio andare per glorificarti del tuo ultimo e mai conosciuto bottino di guerra. Verrò io a salvarti.

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